Dall’infanzia alle esperienze in Germania

Carla Crippa nasce il 20 agosto 1932, in una tipica casa di ringhiera brianzola, nel cuore della Seregno artigiana. Sono i suoi numerosi fratelli a raccontarci chi era Carla: quella sorella più grande, eppure così inquieta, dal carattere turbolento, così insofferente all’ambiente della piccola provincia milanese; Carla, evidentemente, era destinata a qualcos’altro. Inizia a lavorare come ricamatrice e aderisce alle ACLI di Seregno, dove ben presto diventerà responsabile della sezione femminile. Nel 1959, decide di dedicarsi interamente all’attività sindacale con la CISL. In questi stessi anni matura la decisione di partire per Mannheim, Germania, come assistente dei figli degli emigrati italiani, era il 1967 e Carla avvia un asilo nido e una scuola materna. Durante le vacanze studia per preparare gli esami per il diploma di assistente per comunità infantili e il diploma di assistente sociale alla scuola superiore di studi sociali dell’Università di Urbino. E’ un andirivieni continuo da e per la Germania con la sua fedele FIAT 500 color aragosta, ormai parte del personaggio che era diventata. Nel 1976 parte per la prima volta per la Bolivia, dove il Ceial di Verona progetta di realizzare una scuola sull’altopiano nei pressi di La Paz. Un’esperienza particolarmente difficile: dopo due anni tornerà malnutrita ed esausta. Ma questa esperienza radica ancor più in lei la necessità della lotta a un modello, quello liberista/occidentale fonte di inesauribili iniquità. Si iscrive alla facoltà di sociologia dell’Università di Urbino e per pagarsi gli studi lavora come guardarobiera in un albergo di S. Martino di Castrozza. Nel 1979 riparte per la Germania come assistente sociale della comunità italiana di Remscheid riprendendo, fino al 1984, l’andirivieni con l’Italia per sostenere gli esami universitari.


Il suo ultimo grande amore: la Bolivia

La Bolivia, però, le è ormai entrata nel cuore, e ci ritorna dal 1985 al 1987. Prima a Cochabamba, dove lavora presso una scuola per figli di minatori, poi alla Mina Matilde, una miniera a 3800 metri di altezza nei pressi del lago Titicaca. E’ in questi anni che prepara, con grande rigore scientifico e con un’esperienza diretta sul campo, la sua tesi sull’adolescente “minero” per la laurea, che consegue ad Urbino nel giugno del 1988. Rientra in Bolivia l’anno seguente e si dedica ad un progetto promosso da Mons. Tito Solari presso il carcere di Palmasola a Santa Cruz: organizzare una scuola per i figli dei detenuti. Il progetto si realizza negli anni successivi, dal 1990 al 1993, con l’aiuto dei carcerati e con i fondi economici dei gruppi di sostegno sorti in Brianza attraverso gli amici e i familiari. Il 19 febbraio 1993, durante i festeggiamenti del carnevale di Oruro, viene colpita da emorragia cerebrale e cade in coma. Trasferita con un aereo militare a Santa Cruz viene sottoposta ad un delicato intervento chirurgico.

Dopo due mesi rimane in condizioni gravi, ma può sopportare il viaggio di ritorno in Italia e viene ricoverata all’ospedale di Seregno. Nel frattempo, il 5 aprile, muore mamma Angela. I fratelli non lo diranno mai a Carla: la donna che non aveva paura e che non si fermava davanti a nulla quando si trattava degli altri, temeva tremendamente il dolore del distacco dalla persona con la quale più aveva ingaggiato discussioni ma che l’aveva sempre capita, aiutata e soprattutto amata al di là di ogni scelta. Il fisico di Carla è troppo provato: dopo alcuni mesi di profonda sofferenza, si spegne il 26 settembre 1994.